Ira e Accidia. Stalking e Burnout?
Le anime dannate degli irosi e degli accidiosi, vengono collocate assieme, da Dante, nelle acque scure dello Stige, il fiume infernale.
Le “anime di color cui vinse l’ira”, sono ben visibili, stanno nel pantano, dominate dalla rabbia che le fa picchiare tra di loro con tutto il corpo: mani, piedi, testa e denti. , Gli accidiosi o “iracondi amari” coloro che covarono dentro di sé la propria rabbia sono invece completamente immersi e fanno ribollire la palude con i loro tristi pensieri.
Dante ci fornisce una immagine molto potente stabilendo un forte collegamento ancora oggi attuale, tra ira ed accidia: se l’ira è rabbia che esplode, l’accidia è rabbia che implode.
A partite da questa immagine propongo alcune riflessioni fenomenologiche-psicoanalitiche per approfondire la conoscenza di questi due affetti ” reattivi” che vengono innescati dalle frustrazioni e dalle offese . La rabbia pare essere rivolta prevalentemente verso il mondo esterno e le sue rappresentazioni nel mondo interno , si esprime con comportamenti aggressivi che vanno dalla semplice protesta fino ad espressioni patologicamente disadattative e distruttive come lo stalking. L’accidia invece colpisce la tensione affettiva verso il mondo che perde così di valore, può essere un temporaneo ripiegamento in sè in attesa che le ferite guariscano, o può impedire di esistere (ex sistere: uscire fuori) facendo sprofondare l’esistenza nell’apatia ed in una annoiata indifferenza come avviene in chi diventa vittima del burnout.
La rabbia che esplode : lo Stalking
Lo Stalking non è una diagnosi psichiatrica, in molti stalkers non si evidenzia una patologia mentale conclamata, lo stalking pertanto si colloca nella zona grigia posta tra normalità del male e psicopatologia.
Una riflessione sullo stalking non può quindi essere condotta solo con categorie psichiatriche servono anche altri vertici di osservazione : la sociologia, la criminologia, , la psicoanalisi. Sottolineo la capacità propria della psicoanalisi di parlare sia della normalità che della patologia considerate spesso come condizioni comunicanti tra loro e divise da una linea di confine a tratti sottile.
Lo stalking colpisce soprattutto le donne, l’80% delle vittime sono donne.
Esistono determinanti culturali, sociali ed anche biologiche per cui lo lo stalking riguarda prevalentemente comportamenti persecutori compiuti da uomini su donne,queste determinanti credo siano in buona sostanza simili a quelle per cui la maggioranza dei reati violenti è compiuta da maschi in prevalenza giovani.
Non credo che l’essenza dello stalking sia riconducibile ad uno specifico comportamento predatorio dell’uomo sulla donna, esiste anche lo stalking compiuto all’interno dello stesso genere e ,seppure raramente, da donne su uomini.
Lo stalker non riesce ad accettare che l’oggetto del suo desiderio sia pienamente altro da sé, ossia una persona che costituisce un centro autonomo di iniziativa, dotata di libertà, con il diritto di respingerlo rifiutarlo o ignorarlo.
E’ proprio il sottrarsi dell’altro dal desiderio, l’indisponibilità a soddisfarlo che comporta una risposta rabbiosa da parte dello stalker che mira al controllo, all’impossessamento, alla vendetta.
L’incapacità di accettare che l’oggetto del desiderio possa sottrarsi al desiderio stesso, rimanda ad aree affettivo-relazionali del funzionamento mentale ed interpersonale, connesse a specifici aspetti del rapporto con l’Altro.
Schematicamente e per comodità espositiva possiamo distinguere tra loro:
- ’aggressività intesa come desiderio di impossessamento, che rimanda all’altro come oggetto di investimento istintuale.
- La dipendenza affettiva, che rimanda all’altro come caregiver (ossia colui che si prende cura di noi).
- Il narcisismo, che rimanda all’altro come colui che riflette la nostra identità e fornisce conferma del nostro valore.
L’impossessamento dell’Altro
L’amore contiene una tendenza all’impossessamento come è sintetizzato nel noto aforisma :
“Cara tu dici che ami i fiori e li strappi dai campi, dici che ami gli animali e te li mangi.
Cara, quando dici che mi ami, io ho paura!” (Dino Ignani).
Anche se nell’aforisma è un uomo che esprime la propria paura, la tendenza all’impossessamento sembra statisticamente potere diventare pericolosa quando riguarda il desiderio dell’uomo verso la donna,.
Nel fenomeno dello stalking ,l’amore in questione coinvolge la sessualità, è un amore incarnato che chiama in causa il corpo , gli ormoni. Il desiderio è anche desiderio erotico.
Il mito e la letteratura sono pieni di esempi di stalking predatori .Don Rodrigo che fa rapire Lucia è uno stalker che vuole impossessarsi dell’oggetto del suo desiderio
Nei miti compaiono numerosi stalkers di questo tipo, il più celebre è il padre di tutti gli dei: Zeus
Ma voglio citare solo un mito molto bello e poetico: quello del rapimento di Proserpina ad opera di Plutone.
Plutone il Dio degli inferi concupiva la bella Proserpina figlia di Zeus e Demetra, ma lei lo rifiutava così Plutone comportandosi come uno Stalker la rapì e la portò con sè nel triste e buio Ade. Demetra, la madre di Proserpina, gettò la terra in un lungo inverno fino a quando Plutone non consentì a Proserpina di tornare libera sulla terra almeno per quattro mesi dell’anno: così si stabilì il succedersi delle stagioni. Questo mito è raffigurato in una celebre statua del Bernini esposta a villa Borghese. Bernini era così bravo a scolpire che raffigura le dita nodose di Plutone che affondano nella coscia di Proserpina mentre la afferra. Il marmo sembra diventare carne. La presa di Plutone è quasi un simbolo dell’impossessamento.
Già due secoli fa Freud spiegava che la sessualità contiene l’aggressività e che per arrivare ad un incontro amoroso è necessario un percorso maturativo che ponga l’aggressività al servizio dell’amore (Freud diceva della Libido) e non viceversa .
Scriveva Sigmund Freud nel libro: “Il disagio della civiltà”
“l’uomo non è una creatura mansueta, bisognosa d’amore, capace al massimo di difendersi quando è attaccata; è vero invece che occorre attribuire al suo corredo pulsionale anche una buona dose di aggressività. Ne segue che egli vede nel prossimo non soltanto un eventuale soccorritore e oggetto sessuale, ma anche un oggetto su cui può magari sfogare la propria aggressività, sfruttarne la forza lavorativa senza ricompensarlo, abusarne sessualmente senza il suo consenso, sostituirsi a lui nel possesso dei suoi beni…”
C’è chi condivide e chi contesta questa visione dell’uomo proposta da Freud che descrive l’uomo come tendenzialmente egoista fino ad essere spietato. L’educazione al rispetto dell’altro deve fornire, in questa visione dell’uomo, dei freni inibitori, in assenza dei quali si manifesterebbe una sorta di tendenza naturale alla soddisfazione immediata degli istinti.
Per Freud vale la frase “i buoni si limitano a sognare di notte ciò che i cattivi fanno di giorno”
Due elementi costitutivi nello sviluppo della personalità, che hanno a che fare con la morale, con l’interiorizzazione delle norme, con la voce della coscienza e rappresentano dei potenti freni inibitori, sono il Senso di Colpa e la Vergogna.
Ho avuto a che fare, in carcere dove svolgo consulenze psichiatriche, con detenuti per stalking, mi ha colpito che quando esercitavano i loro comportamenti persecutori non provavano senso di colpa, potevano invece provare vergogna, anche insopportabile quando venivano scoperti e smascherati.
Risulta impossibile provare senso di colpa senza la capacità di preoccuparsi dell’Altro, senza questa capacità è invece possibile provare vergogna.
Vale la pena ricordare che nel disturbo antisociale di personalità, che descrive il delinquente patologicamente incorreggibile, caratterizzato dal disprezzo patologico del soggetto per le regole e le leggi della società, da comportamento impulsivo, dall’incapacità di assumersi responsabilità e dall’indifferenza nei confronti dei sentimenti altrui , il dato psicologico fondamentale è proprio la mancanza del senso di colpa e del rimorso.
La Dipendenza Affettiva
Nella nostra vita non esiste una condizione di totale indipendenza dall’altro Noi siamo sempre dipendenti, dalle nostre relazioni affettive più importanti Quello che riusciamo a conquistare durante la crescita è un condizione di autonomia.
Autonomia comporta autonomia di sé dalla persona amata e desiderata e accettazione della autonomia della persona amata e desiderata da sé.
Riuscire a d accettare l’autonomia dell’oggetto di desiderio, tollerare le frustrazioni e le delusioni, tenere assieme l’immagine buona dell’altro che ci dice di si e quella cattiva che ci dice di no, costituisce un traguardo evolutivo raggiungibile se l’ambiente in cui si cresce è fondamentalmente un buon ambiente che permette di fare in prevalenza esperienze positive .
Perché le cose vadano bene, diceva Winnicot, è necessario avere avuto una madre sufficientemente buona Le dipendenze affettive patologiche sono correlate da un fallimento delle prime fondamentali esperienze affettive che lasciano un senso di vuoto, autostima fragile , scarsa capacità di prendersi cura di sè stessi, intolleranza alla solitudine.
La Dipendenza Affettiva patologica non è troppo diversa da altre dipendenze patologiche rivolte ad una droga o all’alcool, porta ad una dipendenza verso una persona di tale intensità che non se ne può fare a meno., la separazione causa una crisi d’astinenza e ci si “avvinghia come l’edera” al partner.
Se lo Stalking è sotteso da dipendenza affettiva, conserva l’eco si una disperazione infantile, di una collera infantile per la mamma che abbandona, collera però che viene agita da un adulto, con conseguenza che possono essere gravi e pericolose. La separazione dal partner può attivare un “ sistema di memorie traumatiche” (R. Meares)
Il caso di M..
Ho conosciuto M. in Carcere dove era detenuto per omicidio, M era un giovane uomo che aveva ucciso , accoltellandola, la sua fidanzata perchè voleva lasciarlo.
In carcere non esprimeva rimorso ne’c olpa, non provando questi sentimenti non riusciva ad accettare l’idea di dovere scontare una pena. Si lamentava del carcere perchè ci si annoia, non si può disporre del proprio tempo , non si mangia bene..
M era stato abbandonato dalla madre quando era bambino. La madre aveva lasciato figlio e marito per andare a vivere con un nuovo compagno.
Possiamo pensare che l’abbandono da parte della fidanzata avesse riaperto la ferita dell’abbandono da parte della madre, che avesse riattivato rabbia e disperazione, che M avesse bisogni di dipendenza affettiva molto forti e di cui probabilmente non era consapevole.
M. era stato cresciuto dal padre (considerato un uomo debole) e dalla nonna materna. Gliele avevano date tutte vinte, perchè “poverino aveva sofferto tanto a causa della madre cattiva”.
Sembra quindi evidenziarsi un Superio fragile, espressione di un ambiente familiare che non gli ha trasmesso la capacità di tollerare le frustrazioni, di accettare i no controllando la rabbia, di inibire la pressione istintuale.
M. evidenziava anche problematiche connesse al narcisismo : considerava la sua ragazza come la moto o come i vestiti, qualcosa che gli apparteneva e che doveva rispecchiare il suo valore, doveva sostenere e confermare il suo narcisismo.
Il Narcisismo.
Sappiamo che narcisismo, narcisismo sano e narcisismo patologico sono concetti molto complessi, utilizzati nell’ambito di diverse teorie e diversi sistemi concettuali. Nello stalking è in causa quel narcisismo patologico che, in estrema sintesi, come nel mito di Narciso non cerca un altro con cui entrare in relazione ma chiede all’altro di essere uno specchio. Il partner deve rimandare al narcisista l’immagine di una persona bella, desiderabile, interessante, di fatto deve esistere in funzione del rispecchiamento del narcisista.
Kohut ha scritto che quando l’altro viene meno alla funzione di specchio, il narcisista prova rabbia e desiderio di vendetta. Un esempio che ci fornisce Kohut è dato dalla caccia implacabile che il capitano Ahab da a Moby Dick , la balena bianca. Potremmo dire che Ahab è stato un implacabile stalker per la balena Moby Dick.
Moby Dick per sfuggire ad una caccia di Akab gli aveva provocato la perdita di una gamba : metafora della ferita narcisistica ,dell’affronto ,dell’offesa .Da quel momento la balena bianca diventa una ossessione per il capitano che dedicherà tutta la propria vita, fino all’autodistruzione, per catturarla, ucciderla, vendicarsi.
Se si legge il carteggio tra Mussolini e la Petacci nel periodo della disfatta del fascismo credo si possa trovare un altro esempio di rabbia che scaturisce dall’offesa al narcisismo, ossia di rabbia narcisistica. E’ impressionante come nel carteggio il Duce non esprima un solo sentimento di colpa per le sofferenze del popolo italiano, non esprima compassione, ma solo sdegno e collera perchè il popolo irriconoscente non è ancora pronto a combattere per lui .
Il narcisismo porta a concepire l’altro in funzione del rispecchiamento , l’altro non può essere libero ed autonomo, non può andarsene così come uno specchio non può lasciare la parete a cui è appeso. Il narcisista ha bisogno che l’Altro resti disponibile a confermare il suo valore, non può rinunciare alla conferma della sua identità e del suo valore che l’altro deve fornirgli.
Ha scritto Virgilio nelle egloghe ;
“a chi i genitori non sorrisero,
nessun dio lo degnerà della mensa,
nessuna dea del suo letto.”
(Virgilio: Ecloga IV,vv 60-63)
è una frase potentissima, il poeta in poche righe condensa ed anticipa un sapere a cui si arriverà dopo molti secoli. L’origine del narcisismo patologico è da cercare in una carenza del rispecchiamento fornita dai genitori al bambino. Il volto della madre è uno specchio per il bambino che gli permette di vedere sè stesso come una persona amata e dotata di valore..
La rabbia che implode : il Burnout
Il burnout consiste in un lento processo di “logoramento” , perdita di motivazione, mancanza di energie (“burnout” in inglese significa proprio “bruciarsi“). Il burnout comporta esaurimento emotivo e un sentimento di ridotta realizzazione professionale, Il soggetto tende a sfuggire l’ambiente lavorativo assentandosi sempre più spesso e lavorando con entusiasmo ed interesse sempre minori, a provare frustrazione e insoddisfazione, nonché una ridotta empatia nei confronti delle persone delle quali dovrebbe occuparsi. Il burnout si accompagna spesso ad un deterioramento del benessere fisico, a sintomi ansioso-depressivi, l’abuso di alcool e l’uso di droghe sono elevati nei soggetti affetti da burnout. Per quanto riguarda la prevalenza cito una recente ricerca compiuta dal collega Pier Venanzio Bandieri sui MMG della provincia di Rimini che conferma il dato, emerso da analoga ricerca compiuta in Olanda, di un 40 % dei medici di base in burnout o a rischio burnout.
“Particolarmente esposte al rischio di “burnout” sono le categorie lavorative delle “helping professions” (professioni di aiuto), ovvero quelle che comprendono operatori di comunità, infermieri, medici, riabilitatori psichiatrici, assistenti sociali e insegnanti. Si tratta di professioni il cui cuore è la “relazione d’aiuto” tra operatore e utenti in difficoltà, Si tratta di professioni che portano con sé un grosso carico emotivo, ovvero un forte desiderio di affermazione relazionale oltre che professionale. Infatti una delle principali spinte che muove simili scelte lavorative , è abbracciare una sensazione di successo psicologico e di utilità per l’altro, ed ecco che ogni volta che fattori o pressioni legate allo svolgimento dell’attività stessa interferiscono con tali attese, frustrandole, si può diventare vittime del “burnout”.(Grazia Cassatella)
L’interesse e la passione per il proprio lavoro si spengono completamente e all’empatia subentra l’apatia, fino ad una vera e propria “morte professionale”. In questa fase chi è vittima del burnout si trova in una condizione di avversione all’operare mista a noia ed indifferenza. E’una condizione penosa , un doloroso stato d’animo che ai tempi di Dante veniva descritta come ”Accidia “. C’è una sostanziale corrispondenza tra lo stato di apatia che colpisce il medico che oggi definiamo come vittima del burnout e lo stato di torpore malinconico ed inerzia in cui cadeva il monaco che nel medioevo veniva definito accidioso.
Allora questa condizione di evidente sofferenza era considerata come un “Vizio”, quasi che l’accidioso traesse un triste piacere stando nel proprio stato.
Oggi invece il burnout è ,o meglio dovrebbe essere, considerato come una manifestazione di patologia, ma rimane una tendenza a colpevolizzare ed a squalificare chi ne è colpito considerandolo un ozioso scansafatiche.
Un altro punto di contatto e sovrapposizione tra chi viene” bruciato” svolgendo una professione di aiuto e l’accidioso medioevale , sta nel non volgersi più verso il bene , ai tempi del medioevo consisteva nel non praticare la fede, “rattristarsi del bene divino” (Tommaso d’Aquino).L’accidia colpiva soprattutto i monaci, scriveva a questo proposito Evagrio, un monaco del IV secolo:
“Il demone dell’accidia… ispira al monaco una profonda avversione per il luogo in cui si trova, e perfino per il suo genere di vita e per il lavoro manuale; di più, gli suggerisce che la carità tra i fratelli è svanita, e che non c’è nessuno che possa dargli conforto”.
Oggi il medico vittima del burnout prova una profonda avversione per la sua professione d’aiuto, eppure possiamo pensare che avendo scelto di dedicarsi a questo tipo di lavoro fosse una persona motivata dalla voglia di praticarlo il bene, di dedicarsi agli altri. La frustrazione consiste fondamentalmente in una mancanza di validazione da parte dell’ambiente lavorativo, si esaurisce la spinta ideale, si offusca l’immagine ideale di sé come persona buona che si dedica al bene. Sono messi in crisi ideali , valori. e quella situazione di soddisfacente equilibrio che, secondo Kohut, si realizza quando siamo spinti da ambizioni e talenti e guidati dai nostri ideali.
Scrive Russel Meares : “ La validazione si verifica quando la risposta del mondo risuona con gli elementi più personali dell’esperienza individuale. Ciò comporta un senso di piacere che conferisce valore a quella componente individuale a cui è stato attribuito un ri-conoscimento. Dall’altra parte , la mancanza di riconoscimento porta ad un senso di invalidazione.”.
Che percorso segue la rabbia in questo contesto ?
Dante aveva intuito un collegamento tra l’Accidia e la rabbia tanto da definirla : “vizio per difetto dell’ira”.La rabbia è sottesa, nascosta, inespressa (se non nella forma della lamentosità).
Già Freud in “Lutto e Melanconia “ aveva spiegato la marcata svalutazione di sé tipica dei pazienti depressi come il risultato di una rabbia intensa che viene rivolta all’interno.
Tra i tanti psicoanalisti che si sono occupati dei percorsi “ carsici” della rabbia , cito solamente Bribring che nel lontano ’53 considerava la depressione come conseguenza della tensione tra ideali e realtà e sottolineava come la rabbia viene rivolta verso sé stessi ed è scatenata da un forte senso di impotenza nell’affermarsi e dalla incapacità di non essere all’altezza delle proprie aspirazioni.
Nella scena del mondo interno compare un inaccettabile sé frustrato, ferito, arrabbiato che viene dannato. La rabbia è inesprimibile e come nell’immagine degli accidiosi all’inferno, implode e fa ribollire lo Stige.
Il primo compito dello psicoterapeuta per aiutare chi è colpito dal burnout consisterà nel fornire accettazione e risonanza empatica. Dante sembra suggerirci che se l’ira rimanda ad una rabbia esplosiva non contenuta, l’accidia rimanda ad una rabbia non vista, non riconosciuta, immersa nell’oscurità. Si tratta, in definitiva, di indicare al paziente la possibilità di potere essere umanamente normalmente risentito e “cattivo “, liberandosi dalla riproposizione nella propria esistenza del mito di Lucifero che costringe ad una rappresentazione di sé o come angelo luminoso o come demone.
Bibliografia essenziale
Sergio Benventuto . “Accidia. La passione dell’indifferenza”. 2008 IlMulino
Sigmund Freud. “Il disagio della civiltà (1929)” . 2010 Einaudi
Grazia Cassatella. “ La tecnologia in sanità … Segnalazioni Bibliografiche “. 2011 Psychomedia
Heinz Hohut . “La ricerca del sè” .1982 Bollati Boringhieri
Russel Meares . “Intimità e alienazione” . 2005 Raffaello Cortina
Giovanni Stanghellini, Mario Rossi Monti. “Psicologia del patologico. Una prospettiva fenomenologica- dinamica” .2009 Raffaello Cortina
Autori Vari . “Violenza e Stalking”. 2010 AIPC Editore Roma